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Buoni Fruttiferi Postali: la particolarità delle Serie O, P e Q

I Buoni Fruttiferi Postali sono emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. e collocati sul mercato da Poste Italiane S.p.A.

Questi sono una particolare tipologia di titolo nominativo che garantisce al risparmiatore la restituzione del capitale investito e degli interessi maturati alla loro scadenza. Anche se, secondo quanto statuito dalla Suprema Corte, gli stessi non sono da considerarsi come titoli di credito bensì come titoli di legittimazione ai sensi dell’art. 2002 c.c. (Cass. Civ., Sez. I, ordinanza n. 4761 del 28 febbraio 2018).

Di particolare rilievo, considerata l’intensa attività giurisprudenziale susseguitasi nel corso degli ultimi anni, sono i buoni appartenenti alle Serie O, P e Q.

Infatti, con riferimento agli stessi, si è creata un’importante discrasia tra quanto gli investitori si aspettavano di ottenere e quanto, invece, hanno ottenuto al momento del rimborso, vedendosi applicati degli interessi diversi rispetto a quelli indicati nel Buono stesso.

A tal proposito, occorre fare un passo indietro per ripercorrere la storia dei Buoni appartenenti alle Serie sopra citate e gli interventi normativi che li hanno riguardati direttamente.

Innanzitutto, appare necessario indicare – con precisione – i Decreti del Ministro del Tesoro con cui venivano emanati i Buoni e più precisamente:

  • Con il D.M. 15 giugno 1981, veniva istituita – con effetto a partire dal 1° settembre 1981 – la Serie dei Buoni Fruttiferi Postali distinta con la lettera “O”;
  • Con il D.M. 16 giugno 1984, veniva istituita – con effetto a partire dal 1° luglio 1984 – la Serie dei Buoni Fruttiferi Postali distinta con la lettera “P”;
  • Con il D.M. 13 giugno 1986, veniva istituita – con effetto a partire dal 1° luglio 1986 – la Serie dei Buoni Fruttiferi Postali distinta con la lettera “Q”.

Ed è proprio l’emanazione di quest’ultimo Decreto Ministeriale che ha dato origine alle difformità di quantificazione verificatesi al momento del rimborso dei buoni appartenenti alle Serie sopra richiamate.

Infatti, come meglio si vedrà nei prossimi articoli, l’art. 173 del Codice Postale (abrogato dall’ art. 7, comma III, D. Lgs. 30 luglio 1999, n. 284) prevedeva che “…Ai soli fini del calcolo degli interessi, i buoni delle precedenti serie, alle quali sia stata estesa la variazione del saggio, si considerano come rimborsati e convertiti in titoli della nuova serie e il relativo computo degli interessi è effettuato sul montante maturato, in base alle norme di cui al primo comma del precedente art. 172, alla data di entrata in vigore del decreto previsto dal presente articolo. Per i buoni che siano stati emessi da meno di un anno, il nuovo saggio decorre dalla data di compimento dell’anno ed il calcolo degli interessi è eseguito sul montante maturato alla scadenza di questo periodo…”.

Pertanto, alla luce del disposto dell’art. 173 del Codice Postale, il D.M. 13 giugno 1986 prevedeva che i tassi introdotti con il D.M. 13 giugno 1986 per i BFP appartenenti alla “Serie Q” fossero applicati anche ai BFP appartenenti alle serie precedenti.

Ad aggravare la situazione, si è poi aggiunto il D.L. n. 556 del 19 settembre 1986, convertito con modificazioni dalla L. n. 759 del 17 novembre 1986, che ha istituito – a partire dalla data di entrata in vigore dello stesso Decreto Legge – l’applicazione dell’imposta del 12,50% anche sugli “interessi, premi ed altri frutti corrisposti ai possessori” dei Buoni Fruttiferi Postali.

Si precisa, però, che è possibile evidenziare delle criticità interpretative e applicative delle norme sopra menzionate a favore del consumatore finale che aveva investito nei BFP, come meglio si vedrà nei prossimi articoli.

23 Marzo 2023 | Autore: Avv Daniele Segafredo

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